La premiazione dell'ultima edizione del rally dell'Elba.

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Il Rally Elba.

Warmboldt '73

Rally Elba 1973 un passato glorioso.

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Ti ricordi quei giorni...?       

Il Rallye dell'Elba, raggiunto il traguardo delle 30 edizioni si trova a dover ripartire da zero con la validità della sola Coppa Italia. 

Passato e presente nei ricordi di un appassionato.                A cura di Carlo Locatelli

    In realtà gli anni sarebbero di più, visto che la gara isolana è nata nel febbraio del ’68, ma per varie vicissitudini, nel 2000 ha festeggiato il 30° compleanno. Chissà se allora Dado Andreini, per anni deus ex machina dell’organizzazione, aveva immaginato quali traguardi avrebbe raggiunto la sua “creatura”, che già nel 1970 si fregiava della validità per la serie continentale. Forse mai si sarebbe aspettato di vedere nobilitato l’albo d’oro del “suo” rallye dai più bei nomi del rallismo italiano ed europeo, a cominciare da Cavallari e proseguendo con Barbasio, Paganelli, Trombotto, Warmboldt, Verini, Alen, Darniche, Vudafieri, Tony, Tabaton, Cunico, Cerrato, ai quali vanno aggiunti tutti i grandi protagonisti che hanno dato lustro all’elenco concorrenti delle varie edizioni.

    Di certo, Andreini, non aveva messo nel conto la possibilità che, un giorno, il timone dell’Elba gli venisse sottratto, probabilmente per strani giochi di potere, questioni “politiche” che si scontravano col suo caratteraccio. Che avesse ragione o torto chi lo fece fuori alla vigilia dell’edizione 1981 è questione  nella quale non mi sento di entrare. Il dato certo è che, dopo poco più di un anno, giunse per l’Elba il primo black out, quello del 1983, al quale avrebbero fatto seguito quelli dell’87 e del ’94. Ricordare tutti gli eventi che hanno portato la gara isolana alla validità per il tricolore due ruote motrici e poi per la Coppa Italia, passando anche per un esilio di due anni sulla terraferma, sulle strade della vecchia Coppa Liburna, sarebbe troppo lungo e andrebbe oltre l’intento di queste righe che è, fondamentalmente, solo quello di riportare alla mente il passato di una manifestazione tanto diversa da come è oggi, tanto da sembrare un altro sport. Dal ’97 l’Elba è stata territorio di caccia esclusivo di Renato Travaglia e della Peugeot, dominatori delle due ruote motrici. Certo, vedere la gara che un tempo si decideva sulle mitiche speciali della Segagnana, Falconaia, Castello, San Martino, Calamita, ridotta ad un tutto asfalto da poco più di cento chilometri di tratti cronometrati, da correre così, quasi tutti d’un fiato, al decimo di secondo, non fa un bell’effetto, in particolare per chi, per averli vissuti, sia pure solo da spettatore, i tempi d’oro li ricorda bene. Oggi poi, con l’ulteriore declassamento a prova di Coppa Italia, di quella gara che si era fatto un nome con la propria selettività ed i sorprendenti elenchi concorrenti, resta solo un ricordo, sempre vivo però, non certo sbiadito.

    Così, quando oggi ci ritroviamo col solito gruppo di amici, tutti che veleggiamo più o meno intorno agli “anta”, se il discorso cade sui rallies, finiamo inevitabilmente a rievocare l’Elba dei tempi andati, quasi recitando la parte degli inguaribili nostalgici e sembriamo fare il verso a quella canzone di Francesco Guccini, nella quale il protagonista, simulando un dialogo, chiede alla sua ormai immaginaria interlocutrice: “…ti ricordi quei giorni?…”

    Già, ti ricordi quei giorni, quando, dalla finestra della scuola elementare sulla collina  di San Rocco, vedevi la zona del porto e sentivi il rombo delle auto del rallye che si avviavano alle verifiche e dicevi: “E’ l’HF, no è lo Spider, è l’Alpine…” Quando la sera al via, guardavi le macchine lasciare il palco di partenza e attraverso il lunotto , al chiarore della lampada legginote, intuivi la silhouette dei due membri dell’equipaggio e ti sembrava che andassero verso l’ignoto, verso un’affascinante avventura.

    Ti ricordi quei giorni, quando lo speaker storico della manifestazione, Mauro Cusmai, parlando delle massacranti stradine elbane, le definiva, con espressione indovinata, “lucertolaie” e raccontava dei guai patiti da quel certo equipaggio, fermo in un punto del percorso  “… dove di notte non passano nemmeno i gatti…”. O quando svelava le lacrime di gioia di Virgilio Conrero, felice per il primo successo importante della Ascona 400 e del suo pupillo Cerrato, senza immaginare che quelle lacrime, forse un po’ romanzate, sarebbero diventate vere e amare poche ore dopo, al termine delle verifiche tecniche.

    Ti ricordi quei giorni, quando Warmboldt, col Maggiolone, beffava tutti, sfilando dalle grinfie del “Drago” una vittoria che pareva ormai certa, dopo che uno ad uno si erano arresi prima Paganelli, poi Ballestrieri, quindi Pinto, Trombotto, Pregliasco. Quando Cesare Fiorio, diesse Lancia, a fine gara, diceva che gli dispiaceva di aver perso, perché se Munari avesse vinto si sarebbe divertito a parlar male di quel folle rallye, con quell’incredibile percorso scassamacchine, troppo all’antica e fuori del tempo.

      Ti ricordi quei giorni, quando Blomqvist, con la Saab 96, s’infilava di traverso in quel vecchio pontino con le spallette di ferro arrugginito, vicino al fine prova del Monte San Martino e ci usciva anche di traverso e invece avresti scommesso che lì una macchina potesse passare soltanto diritta, mai in controsterzo. O quando Rohrl dimostrava di avere scarso feeling con il Colle Reciso, ritirandosi proprio da quelle parti, sempre all’ultima prova della prima tappa, una volta con l’Ascona del “mago” Conrero e la seconda col Kadett dei Carenini.

    Ti ricordi quei giorni, sulla prova del Monumento, con quella tramontana che mugolava dentro la valle di Caubbio, ruvida e gelida da togliere il pelo, che tanto a scaldarti ci pensavano le evoluzioni delle debuttanti 131 Abarth di Verini, Bacchelli e Alen, della Stratos Alitalia di Pregliasco, della Saab 99 del solito Blomqvist. Quando Alen, poco prima del via della seconda nottata, minacciava: “…io notte attak…”. E davvero non scherzava; per credere basta controllare i tempi delle speciali, con quel mostruoso 7 minuti netti, tempo imposto sul Colle d’Orano; e meno male che i nordici non sono asfaltisti.

    Ti ricordi quei giorni, quando Darniche piegava Verini, Pond sorprendeva, terzo con la Triumph, Blomqvist rimediava il terzo ritiro consecutivo e il povero Bettega provava per la prima volta gli sterrati elbani con l’A112. Quando Carello, con la Stratos ufficiale, recuperava minuti a manciate, dopo un guasto, mentre Wittmann chiudeva alla pari con Verini. O quando Coleman e Kleint entusiasmavano tutti con i loro traversi; e Airikkala, impossibile dimenticarsi del finnico che correva coi colori di Vatanen, alla fine solo quarto, ma una guida così all’Elba non si era vista mai. Quando le tribune naturali al tornantino di Rio Elba si riempivano all’inverosimile, con un tifo quasi calcistico, da curva allo stadio….

   Meglio a questo punto interrompere il filo dei ricordi e tornare al presente, rimettendo i piedi per terra perché, com’è ovvio il passato non esiste più; però, peccato, era bello. Ed anche se il mio amico Beppe, autentica memoria storica, rallisticamente parlando, del nostro gruppo, negli ultimi anni ha spesso detto scherzando (ma non troppo): “…andiamo sulla Segagnana, che tanto quando passano dal Monumento, il rumore si sente e il resto è meglio immaginarlo.”, poi però il rallye lo segue anche lui fino all’ultima prova speciale, eccome se lo segue. Forse sono solo cambiati i tempi, sono cambiate le macchine, i piloti e il modo di intendere le corse su strada. Se Automobil Club e Scuderia Livorno insisteranno a organizzarlo, continuerò anch'io a seguire il Rallye dell'Elba come sempre, dall’inizio alla fine,  ma non credo che sia solo un effetto del “profumo del ricordo” che, per dirla ancora con Guccini “cambia in meglio”, se non posso fare a meno di pensare ancora a quella canzone che si conclude così: “…io non credo davvero che quel tempo ritorni, ma ricordo quei giorni…”.       

Testo e foto di Carlo Locatelli
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